Vogliosi di andare in acqua ci accordiamo (Frank e il boa) e lui (iu, non you) propone di andare all’Acqua Nera di Lamon, per una visita “turistica” a questo spettacolare postsifone, oppure all’omonima cavità, sita in Val d’Astico. Decidiamo per quest’ultima e per proseguirne l’esplorazione, che da anni ci impegna con avanzamenti metrici.
Frank adopera il gruppo bombole 7+7 di Mauri, mentre io uso un 5+5 e, viste le dimensioni del luogo dove ci dovremo muovere, non li indosseremo, bensì li spingeremo davanti a noi, in modo da essere in grado di passare in sezioni della misura del corpo.
All’ingresso notiamo che la portata d’acqua della sorgente è piuttosto elevata, ma proviamo ugualmente, se la corrente non sarà troppa, aiuterà a disperdere la sospensione prodotta dagli scavi.
Subito sostituiamo il filo con una cima nautica da 15 mm, così le piene impiegheranno decenni per romperla e noi non lo dovremo riposizionare fino a che non decideremo di appendere le pinne al chiodo…….ahem,……ma qui non usiamo le pinne! Ah, beh,….allora possiamo venire anche dopo, BENE.
Superata la strettoia, e questa è proprio una strettoia, emergiamo nella saletta 1X2 ed il rombo della cascatella, che ci rinfresca la crapa, ci tiene compagnia. Frank si infila nello streeetto passaggio lasciato libero dal solito pietrone, che la piena di novembre ha incastrato proprio dove non doveva, lo imbrachiamo ed io inizio un certosino lavoro di mazzetta per alleggerirlo un po’ dei suoi 150 kg così, Frank di là che tira ed io di qua che spingo, lo rimuoviamo (capisco ora l’emozione che prova il Rossi quando toglie un dente) e lo piazziamo stabilmente dove non dovrebbe più spostarsi. Si, le pietre, di tutte le dimensioni, camminano, sono vive, aiutate da Santa Acqua!
Trasportiamo le apparecchiature all’ingresso del secondo sifone e Frank mi precede, percorriamo i primi 20 m rettilinei, cambiamo direzione scendendo nella saletta inferiore e lui (iu, non you, he he) inizia a spostare ciottoli e macigni, tanto da poter passare, l’acqua si intorbidisce ed io, dietro di qualche metro, sono in immobile attesa, sento chiaramente i colpi di mazza e percepisco nelle viscere lo spostamento d’acqua da essi provocato. Chissà perché in questi momenti di inerme attesa mi sovvengono sempre pensieri di possibili crolli e frane varie ? Già che ci sono completo il lavoro del Frank e sposto, rimuovo, sistemo, incastro. Qualche mente integralista sostiene che non bisogna, in alcun modo, modificare la morfologia degli ambienti, ma vagli a spiegare che spostare qualche ciottolo, cosa che prima o poi faranno autonomamente (anche i ciottoli camminano), non è modificare, è solo il modo per conoscere ambienti altrimenti destinati all’oblio, è un sistema per tenere viva l’anima della speleologia, l’ESPLORAZIONE.
Dopo una ventina di minuti mi stufo e come un gambero indietreggio fino alla saletta, mi giro e vado a vedere il bivio dove scavavo l’ultima volta, osservando beeene vedo che quella via chiude. Non sento più battere e muovendomi nell’acqua lattiginosa torno nel budello e non scorgo più i piedi del mio compagno che prima ogni tanto mi calciavano, passo un punto proprio angusto e……..emergo,

IL SECONDO SIFONE È SUPERATO,

bravo Frank. Di lui nessuna traccia, trovo l’apparecchiatura abbandonata, che si sia dissolto ? c’è pure qua un drago mangia speleo ? scappo ? no, con un moto di coraggio lascio pure io le bombole e striscio. E’ un laminatoio ingombro di pietre perfettamente levigate ed arrotondate, l’acqua filtra da interstrati, ma presto trovo la via buona e risalgo, come una salamandra, il torrentello che alimenta il sifone. Di Frank non c’è traccia, percorro circa 20 metri, poi decido di fermarmi, i 12 chili della zavorra solidali con i pacchi batteria e la muta stagna non permettono agevoli movimenti, così ululo e dopo un po’ noto nell’occhio buio del cunicolo una sciabolata di luce e una serie di grugniti,….speriamo sia il Giordani….brrrrrrr. Si è lui….. fiiuuuuu e quando mi raggiunge ha un sorriso a 68 denti e dice….: “CHE FIGATA!!!!”, è proprio contento ed ha ragione, finalmente anni di lavoro, la sua perseveranza e costanza, hanno dato buoni frutti e riusciamo a portare a casa circa 60 metri nuovi, stimo che ora l’Acqua Nera sia più o meno lunga 110 metri e continua.
La prossima volta torniamo attrezzati con dotazioni più snelle e leggere, così da poter strisciare con meno fatica.
Usciamo e via, al bar della locanda Posta presso il Gorgo Santo ci aspetta una squisita birra ed abbiamo modo di aggiornare i proprietari e qualche avventore che ormai ci conoscono beeene e ci chiedono notizie freeesche.

boa