Quando si legge o si sente raccontare di grotte tropicali immense…

Quando si guarda un documentario di esplorazioni al limite dell’impossibile…

Quando si pensa ad un viaggio in luoghi remoti al confine del mondo conosciuto…

Quando si immaginano e si sognano i racconti di Jules Verne…

 

Non ci si aspetta che prima o poi anche noi potremmo vivere un’avventura simile ma è quello che ci è successo…

 

Spedizione Speleologica Chiapas 2019…

E’ Ottobre 2018 quando mi viene detto che il gruppo Grotte CAI Schio cerca speleologi per intraprendere una spedizione speleo nel più grande sistema carsico del Messico, la Cueva del Rio La Venta.

L’organizzazione gode delle esperienze, conoscenze e amicizie di una figura mitica della speleologia Vicentina e Italiana, Cesare Raumer!!!

E noi speleo sappiamo bene che Cesare è una macchina inarrestabile quando si tratta di organizzare progetti importanti e che con la sua ultradecennale esperienza è una sicura garanzia di successo. Nel team che parteciperà alla spedizione ci sono già due speleologhe della nostra sezione,

Laudando Paola e Schiavo Angela, istruttrici sezionali di speleologia e ottime speleologhe.

Veloce telefonata con Cesare e cosa più importante, chiacchierata con mia moglie per capire se ce la faccio a prendermi lo spazio per questa inattesa opportunità ed eccomi anche io prenotato…

Giusto coronamento dei miei primi 25 anni di Speleologia!!!

L’inverno passa tra riunioni organizzative e incombenze burocratiche ma soprattutto si va molto in grotta per prepararsi come si deve a questa avventura che dicono essere estremamente dura fisicamente e soprattutto psicologicamente.

Arriva la fine di Febbraio e si avvicina la data della partenza, fissata per il primo Marzo dall’aeroporto di Venezia. Noi siamo pronti e gasati a dovere, gli zaini da spedizione sono talmente pieni che non ci starebbe nemmeno uno spillo e inoltre il mio sfora di alcuni chili il peso massimo consentito. Dobbiamo ancora dividerci parte delle attrezzature per le esplorazioni che distribuiremo tra di noi una volta incontrati tutti gli altri amici in aeroporto e la cosa si fa seria…

La spedizione si compone di vari speleologi di diversi gruppi:

Gruppo Grotte CAI Schio (VI)

Gruppo Grotte Trevisiol CAI Vicenza

Gruppo Grotte GEO CAI Bassano del Grappa (VI)

Gruppo Grotte GASP CAI Gioia del Colle (BA)

Gruppo Grotte CAI Aosta

Insomma una bella squadra di diciotto italiani e italiane, di cinque diversi gruppi tutti associati al sodalizio CAI a cui si aggiungeranno, una volta arrivati in Messico, altre 2 speleologi messicani, una guida locale e soprattutto un personaggio leggendario nel mondo Speleologico mondiale…

Tullio Bernabei.

Volo intercontinentale, Venezia – Madrid, Madrid – Mexico City, Mexico City – Tuxtla Gutierrez.

Un lungo viaggio di oltre 22 ore che ci porterà nel cuore del Chiapas, straordinario stato a sud del Messico, ai confini con il Guatemala.

Talmente ricco di biodiversità, con i suoi contrasti incredibili e la gente sempre sorridente e disponibile che appena arrivati veniamo subito conquistati da tutto e da tutti…

All’uscita dell’aeroporto di Tuxtla ecco Tullio che ci accoglie con il suo modo pacato e sorridente, capelli argentei e camicia a scacchi, uomo semplice e di gran cuore.

Prima di conoscerlo ne avevo sempre solo sentito parlare e adesso che gli stringo la mano per la prima volta devo dire che sono anche un pò emozionato.

Giornalista e Documentarista, Speleologo di eccezionale esperienza ed intuito che può vantare innumerevoli scoperte speleologiche e scientifiche in molti paesi del mondo ma soprattutto co-fondatore, negli anni novanta, dell’Associazione di Esplorazioni Geografiche La Venta, assieme ad altri fortissimi speleo che in quegli anni assieme a lui iniziarono le esplorazione in molte zone remote del nostro pianeta tra cui proprio il Chiapas.

E fu proprio qui che lui, con un gruppo di italiani tra cui Tono De Vivo e Matteo Diana, decise di scendere in gommone un grandioso canyon fino a quel momento inaccessibile ed inesplorato, scoprendo l’ingresso basso di un enorme sistema carsico. Il canyon si chiamava RIO LAVENTA e da quella discesa nacque poco dopo l’associazione di esplorazioni omonima che in pochi anni portò in questi luoghi i più forti speleologi italiani e che ancora oggi continua la sua ricerca.

Questo sistema carsico fu poi esplorato in risalita per più di 4 anni scoprendo oltre 12km di enormi ambienti sotterranei e culminando nel 1995 con la giunzione tra la grande grotta sub orizzontale e un’altra importante caverna, il Sumidero II, posta in alto sull’altopiano ad oltre 450m di quota.

Il collegamento tra le due grotte rese possibile il transito degli speleologi creando di fatto un enorme sistema sotterraneo con un dislivello negativo di -450m e uno sviluppo di oltre 12km, attualmente una delle attraversate speleologiche più importanti e difficili al mondo.

Ed è qui, in questo sistema sotterraneo, che si è concentrata la nostra spedizione…

Il nostro viaggio in terra messicana inizia da Tuxtla Gutierrez, capitale del Chiapas, città dalle molte contraddizioni con zone di centri commerciali e multisale cinema e altre con enormi ammassi di fatiscenti casupole ma anche terra ricchissima di acque e foreste. Un territorio caratterizzato per due terzi da aree carsiche e quindi con un potenziale speleologico enorme e ricoperto da un’intricata selva primaria a volte impenetrabile e inesplorata.

Passiamo le prime due notti a Tuxtla in un accogliente ostello Zapatista per poi intraprendere l’avvicinamento alle montagne, non prima di una visita allo straordinario Canòn del Sumidero, gigantesca spaccatura naturale con parati di oltre mille metri scavata da un fiume oggi navigabile e sbarrato da un enorme diga idroelettrica costruita negli anni ottanta. Anche le vertiginose pareti di questo maestoso Canòn sono state in parte esplorate da speleologi dell’Associazione La Venta scoprendo decine di cavità in parete, tutte di difficile accesso ma con sviluppi notevoli e risultati esplorativi importanti.

 

Canòn del Sumidero, foto Mirko Palentini

 

Ed eccoci di nuovo in viaggio, poche ore di minivan e arriviamo a Cintalapa, graziosa cittadina del profondo Chiapas a ridosso delle montagne e base logistica di tutte le spedizioni de La Venta in queste zone. Ad accoglierci troviamo la famiglia Ramos Esponda che ospiterà tutta la nostra attrezzatura prima, durante e dopo la nostra permanenza in grotta.

Di questa famiglia fa parte la moglie di Tullio Berrnabei e quale miglior base logistica se non la casa dei suoi suoceri? Persone speciali che ci hanno aperto le porte di casa loro e accolti come amici anche se non ci eravamo mai visti prima…

Basta poco per riposare e riprendersi dal viaggio e dalla calura messicana, una cervesa ghiacciata e via con i preparativi per la spedizione, quella vera con la “S” maiuscola!!!

“S” per Spedizione, Speleologia, Scoperta…

Si riempiono gli zaini in pvc, si filano nei sacchi gli oltre duecento metri di corde portate dall’Italia, si provano le batterie dei trapani, si preparano le centinaia di ancoraggi Raumer divisi per tipologia e utilizzo e finalmente si va a dormire, domani si fa sul serio e poi per cinque giorni non si sa se e come dormiremo.

Si perché non ve lo avevo ancora detto:

L’attraversata della Cueva del Rio LaVenta durerà almeno cinque giorni di cui quattro in grotta, con tre notti passate nei campi interni e la quarta sul fondo del canyon in riva al fiume.

CHE FIGATA!!!

L’indomani eccoci di nuovo in auto direzione Lopez Mateos, ultima tappa “civilizzata” dove possono arrivare i mezzi motorizzati, da qui in poi si va solo a piedi oppure a cavallo e per ore si attraversa solamente selva deforestata fino all’imbocco del Sumidero II, la Cueva posta a monte del sistema che funge da ingresso alto per l’attraversata.

L’avvicinamento all’ingresso della grotta si traduce in una lunga camminata, aiutati da alcuni cavalli per il trasporto delle attrezzature più pesanti, attraversando piccole aree coltivate a banano, zone di pascolo per gli animali e piccoli insediamenti dei Campesinòs.

Ad accompagnarci e guidarci oltre a Tullio Bernabei abbiamo con noi Manuel Perèz, proprietario del terreno in cui si apre la grotta e coordinatore degli aiuti logistici e altri due speleologi messicani molto forti, Kaleb Zarate il biospeleologo della spedizione e David Trinidad componente della Protecìon Civil del Chiapas ed esperto in primo soccorso sanitario.

In tutto come detto siamo in ventidue speleologi, suddivisi in tre squadre secondo le capacità e i titoli individuali necessari alla buona riuscita della spedizione

 

Foto di gruppo prima della partenza, foto Frank Vanzetti

 

Schiacciati sotto il peso dei nostri enormi zaini muoviamo i primi passi nella Cueva e percorriamo le gallerie chiamate Suèno Blanco, sale, pozzi e condotte fossili scavate nel calcare puro talmente bianco e perfetto da sembrare finto. Scendiamo su corda sostituendo gli armi deteriorati dal tempo e usurati dal passaggio degli speleologi che qui, nella parte iniziale meno difficile, passano spesso senza curarsi dello stato degli armi e arriviamo nel grande salone di crollo chiamato Salòn de la Union, cioè della giunzione. Proprio qui nel 1995 Tullio Bernabei intuii il passaggio in frana e scavando scese un piccolo pozzetto affacciandosi per la prima volta sul baratro di 45m che porta al Lago de Los Perezosos, il limite massimo raggiunto dal basso durante le esplorazioni e che dopo la giunzione rese famosa questa grotta al punto di essere oggi una delle più importanti al mondo.

Non ho qui lo spazio per raccontarvi delle sfumature e dell’emozione nel vedere e sentire Tullio mentre racconta della scoperta e di come lo disse ai sui compagni ormai rassegnati, posso solo dire che essere stato li con lui e Frank Vanzetti mentre con gli occhi lucidi dall’emozione ci raccontava di quei momenti di ventiquattro anni fa non ha prezzo… e mi sento sinceramente fortunato di essere stato li in quel momento magico.

Passano alcuni momenti e iniziamo a scendere verso il lago sotto di noi, la corda fila giù nel buio e gli ambienti sono talmente grandi che non so dove poggerò i piedi alla fine della discesa.

Le nostre potenti luci a led non riescono ad illuminare tutto e la volta del salone crea una cupola talmente alta che non riesco a darle una dimensione realistica, la finestra da cui stiamo scendendo è a circa 45m di altezza ed è solo quando un compagno inizia a scendere dopo di me che con entrambe le luci dei nostri caschi riusciamo a dare un senso a quello che stiamo osservando.

Siamo al lago e qui tutti assieme rimaniamo qualche momento a pensare a cosa volesse dire per gli esploratori arrivati qui molti anni prima, con la sola luce al carburo, dopo chilometri di risalite e innumerevoli ore trascorse in grotta, con la consapevolezza che senza un ingresso dall’alto la loro cavalcata ipogea sarebbe terminata proprio sul più bello.

Dal Lago de Los Perezosos prendiamo a monte un enorme galleria chiamata la Historia Infinita che porta ad uno degli ambienti più impressionanti di tutta la Cueva, il Salòn de la Odisea.

Immaginate di camminare all’interno di una grande chiesa con una navata centrale di oltre 600m di lunghezza e in proporzione larghezza ed altezza, si rimane senza parole e i compagni in lontananza non si riescono quasi nemmeno a intravvedere. Miracoli del carsismo tropicale!!!

La progressione ovviamente è un pò lenta a causa del peso degli zaini ma anche per questi ambienti in cui è difficile orientarsi e così passano le ore e la fatica si fa sentire. Appare chiaro che non ci si può permettere di perdere attenzione e concentrazione perché quasi ad ogni passo la cueva ti mette alla prova. Salòn Murcielagos e poi siamo all’Escalera del Diablo…

Diciamo così: un nome che è tutto un programma!!!

Si tratta di una cascata impetuosa che si getta giù per una forra buia per alcune decine di metri dove l’unico modo per passare è un traverso molto aereo e acrobatico di diversi metri, con tratti in salita e poi discesa, col sacco pesante appeso sotto al culo e un frastuono di acqua in caduta libera davvero impressionante, ma del resto siamo qui per questo e poi in fin dei conti non era nemmeno così difficile e tecnico come ce lo avevano descritto.

Percorriamo la Galeria Genc Osman e siamo in dirittura del primo campo base, El Hongo

Qui passeremo la prima notte cullati dallo stillicidio delle stalattiti che tutto intorno a noi creano un armonia di suoni e uno spettacolo di colori unico.

 

EL HONGO, IL FUNGOFoto storica Archivio La Venta

 

All’interno della Cueva sono stati preparati due campi, posizionati in posti strategici per poter spezzare in tre parti la lunga e faticosa attraversata e sono stati scelti dei saloni fossili col fondo ricoperto si soffice sabbia asciutta, lontani dal fiume e da eventuali piene improvvise ma comunque vicini all’acqua per approvvigionarsi e poter bere e cucinare.

Questo sistema carsico è un vero e proprio traforo in cui soffiano forti correnti d’aria con temperature medie di circa 20 gradi ma con umidità prossima alla saturazione del cento per cento quindi durante le notti è necessario ripararsi e proteggersi per poter recuperare velocemente le energie necessarie. Inoltre durante la progressione si è spesso immersi in acqua quindi le condizioni fisiche sono messe a dura prova e al campo è indispensabile nutrirsi e idratarsi adeguatamente.

La prima notte passa tranquilla e l’indomani ci si divide in tre squadre e si inizia il vero e proprio lavoro previsto. Una squadra torna indietro all’ Escalera del Diablo e realizza una risalita artificiale in parete per raggiungere una sconosciuta e promettente condotta da cui esce un altra promettente cascata, ma purtroppo dopo essere saliti di diversi metri ed essere strisciasti all’interno scoprono che si tratta semplicemente di una perdita d’acqua che dalla cascata principale devia lateralmente per poi uscire in parete e confluire nello stesso lago sottostante.

Un’altra squadra si sposta pian piano fino a poco prima del campo 2 e sopra al fantastico salone chiamato Salòn a Las Puertas del Caos, dove l’associazione La Venta aveva già iniziato un’altra risalita, prosegue la stessa fino alla scoperta di grandiose gallerie e ambienti fossili posti a livelli superiori.

RISALITA ALL’ ESCALERA DEL DIABLO,  foto Frank Vanzetti

NUOVE SCOPERTE DELLA SECONDA SQUADRAFoto Frank Vanzetti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui vengono percorse gallerie gigantesche e topografati oltre 1km di nuovi rami della grotta, mettendo per la prima volta il piede e lasciando le proprie impronte come i primi uomini sulla luna che proprio 50 anni fa ebbero come noi questo immenso onore…

Ma non dimentichiamo la terza squadra che in tutto questo ha avuto un ruolo non meno importante e cioè quello di documentare con foto e soprattutto video, che qui non sono mai stati realizzati prima, tutti gli ambienti attraversati con il compito di raccogliere materiale per un documentario sulla Cueva e su Tullio Bernabei oltre che su di noi e la spedizione stessa.

La cosa appare subito difficoltosa a causa degli ambienti davvero enormi, dei continui guadi in acqua, nella mancanza di luce sufficiente ma per fortuna con noi ci sono due speleologi Valdostani molto preparati e soprattutto a dirigere la squadra c’è Frank Vanzetti, cineoperatore RAI della Valle D’Aosta che ha in progetto la realizzazione di due puntate da mandare in onda sulla rete regionale RAI della sua regione quindi tutto fila liscio e i risultati alla fine saranno eccezionali…

 

LE GIGANTESCHE GALLERIE GENC OSMAN, foto Frank Vanzetti

Per la terza notte siamo nuovamente tutti assieme al campo 2 e il quarto giorno proseguiamo tutti in gruppo verso l’uscita che è prevista in serata.

Lago Negro, Galeria de la Bella Durmiente, Salòn Metnal, sono solo alcuni degli ambienti che attraverseremo nell’ultimo lunghissimo tratto di grotta.

E poi tra la Terza e la Seconda Medusa, gigantesche colate concrezionali che scendono dai soffitti creando una sorta di drappeggio a forma di Medusa, all’improvviso un assordante rumore di acque turbolente ci scuote. Siamo al punto più pericoloso di tutta la Cueva, siamo di fronte alle Rapidos de Chac.

In questo punto un fiume con portata di circa 1000 litri d’acqua al secondo si getta in un improvvisa cataratta con notevole pendenza dove il fragore diventa assordante e la cascata spazza le pareti dove sono ancorate le corde per la discesa.

Qualcuno non se la sente e sceglie di percorrere il lungo traverso aereo posto a circa 20m sopra, sulla cengia che attraversa la parete, noi invece che siamo amanti del canyoning non vediamo l’ora di gettarci in questo turbine infernale di schiuma bianca e correnti talmente forti che i piedi stentano a tenerti ancorato alla roccia. Passano tutti i coraggiosi, qualcuno scivola e viene ripescato nella pozza alla fine del salto ma comunque tutto bene. Io passo per ultimo disarmando tutti i tratti di corda che qui non durerebbero un giorno e ci ritroviamo tutti in gruppo in un punto più sicuro da dove riparte la galleria, l’acqua qui riprende il suo tranquillo tragitto e in poco siamo al salone Kinich Ahau.

Ormai siamo quasi fuori, qualche arrampicata, tratti allagati al limite del sifonante sempre con i nostri simpaticissimi sacconi che per fortuna in acqua galleggiano, Salon del Teatro con le sue maestose colonne stalagmitiche e i drappeggi calcarei che sembrano un sipario da teatro, Salon de la Cascada e siamo alla Salida, l’uscita…

Incredibile la sensazione di libertà dopo quattro giorni di permanenza in grotta quando si comincia a sentire profumo di foglie e all’improvviso cominci a vedere le liane che cingono la grande apertura fossile dell’uscita, è ormai buio, sono circa le 19.00 e siamo la prima squadra ad uscire.

Gli altri usciranno verso le 23.00 a causa di svariati inconvenienti non per ultimo il lungo traverso sopra le rapide e altre disavventure che non sto qui a raccontarvi.

Scendiamo al fiume, circa cento metri più in basso e troviamo dei pescatori messicani intenti a cucinare per noi del pesce pescato sul posto, pacchetto vacanze all inclusive!!!

Ovviamente per loro è un occasione per guadagnare qualcosa e noi senza di loro saremo solo dei poveri europei in un posto fuori dal mondo!!!

 

5° GIORNO RISVEGLIO SUL FONDO DEL CANYON, foto Mirko Palentini

 

La mattina seguente qualcuno fa un bagno nel fiume, qualcuno cucina, qualcun altro fotografa e riprende questo angolo di paradiso così fuori dal mondo da sembrare surreale. E poi tutti iniziamo a richiudere gli zaini e pian piano cominciamo la durissima risalita verso la civiltà.

Il canyon in questo punto ha pareti che sfiorano i 600m di altezza e seguendo delle ardite tracce segnate dalle guide locali faticosamente cominciamo ad arrampicarci su alberi e rocce fino a sbucare sull’altopiano sommitale dove finalmente incontriamo gli stessi uomini e gli stessi cavalli che cinque giorni prima ci avevano accompagnato all’ingresso.

Ma non è finita, siamo nella stagione secca e qui fa molto caldo e ci aspettano ancora tre ore di cammino in zone deforestate senza ombra e purtroppo anche senza acqua per arrivare ai pick up che finalmente ci riporteranno a Cintalapa dove arriveremo ormai in serata, stanchi, sporchi e puzzolenti.

Ma con la consapevolezza di aver compiuto una delle imprese speleologiche più straordinarie della nostra vita.

Abbiamo esplorato…

Abbiamo documentato…

Abbiamo attrezzato e resi sicuri i tratti più importanti della Cueva…

Abbiamo lasciato la nostra impronta…

Ma soprattutto abbiamo contribuito anche noi alla conoscenza di questo importante sistema sotterraneo che non è solo una grande grotta ma un vero laboratorio naturale di Biodiversità unico nel suo genere, dove scienza e conoscenza si incontrano, dove prima di noi e soprattutto dopo di noi transiteranno speleologi di tutto il mondo…

E tutto ciò ci rende molto orgogliosi e soddisfatti…

 

Mirko Palentini

Gruppo Grotte Trevisiol CAI Vicenza