La mia prima volta
Domenica 18 febbraio.
Mossano, Vicenza.
Temperatura intorno ai 5° con vento e pioggia leggera a intermittenza.
La giornata perfetta per tornare all’Abisso Mangiaterra dopo una doverosa pausa di un anno dall’ultima volta qui.
L’obiettivo dell’uscita è molteplice: scavare sul fondo per cercare una prosecuzione, fare delle foto al pozzone finale, portare per la prima volta i nostri “cugini” del C.S. Proteo a visitare la grotta più profonda dei Berici e completare una risalita iniziata da Gianki.
Alla fine saremo addirittura in 11 a dividerci i compiti.
Il mio scopo è quello di completare la risalita con il Bot che mi farà da sicura (meglio che sia una persona di 100 kg ca che faccia sicura ad una di 70 che il contrario).
Per me sarà la prima volta in assoluto di una risalita in artificiale in cui arrampico e armo man mano, prima o poi doveva succedere.
E dato che è appunto la prima volta, qualche giorno prima chiamo Gianki e mi fare faccio un piccolo ripasso teorico sulle varie procedure da fare, non si sa mai.
Ci dividiamo in 2 gruppi che entrano ad orari diversi e, dopo aver lasciato gli altri che procedessero per la via al fondo, io e Bot ci fermiamo alla base della nostra risalita in fondo al P30.
Non avevo mai guardato bene questa zona (non c’è tanto da vedere: pareti di fango ovunque guardi) e in un punto in effetti si vede una finestra a circa 10/12 m da terra.
Subito troviamo la via iniziata da Gianki ma il suo consiglio era di risalire da un’altra parte perchè la sua portava in un posto pieno di roba marcia, diceva di tentare una via a sinistra.
Il problema è che oggi su quella parete a sinistra ci sia una piccola cascatina d’acqua, se mi metto a risalire lì dopo 10 min sarei zuppo fino al midollo…
Decidiamo di riprendere la via iniziata di Gianki e di vedere se in effetti la parete è così marcia come pareva a lui.
Mi preparo, mi assicuro alla corda dinamica, mi prendo il trapano, i fix, gli ancoraggi, i rinvii, passo la corda nel primo attacco predisposto da Bot a circa 2 m da terra e… e una potente forza mi trattiene al suolo: la forza di gravità!
Mi rendo subito conto che tra tuta, imbrago, stivali e attrezzatura con un suo bel peso sarà ben diverso che arrampicare in palestra come ho fatto qualche volta in cui sei leggero come una piuma e porti scarpe fashion ai piedi…
Dopo lo shock iniziale, ingrano un po’ e pian piano risalgo questo muro quasi verticale di fango, un po’ riesco a risalire a piedi e un po’ grazie agli ancoraggi.
A circa 7-8 metri d’altezza sono in una situazione di impasse: sono tranquillo in piedi solo che purtroppo non ho niente intorno a me che mi possa servire come ancoraggio.. e il bello è che poco sopra a me c’è un bel “naso” di roccia pulita che spunta fuori dalla monotonia marrone del fango a cui però non arrivo..
L’idea di rinunciare e tentare di risalire da un’altra parte mi balena per un po’ in testa, ma prima voglio fare un ultimo tentativo: con la punta del
martello inizio a scavare il fango in cerca della roccia sottostante e in effetti la trovo dopo un po’.
Non mi fido granchè dell’ancoraggio che ho messo, il trapano ha fatto la solita fatica a bucare quel che ha bucato, ma per sicurezza ne metto un altro a poca distanza.
Arrivo finalmente a quel “naso” roccioso, lo batto col martello per bene in alto dove voglio mettere il mio fix: TIN-TIN-TIN!!
“Bot senti come suona bene qui! Finalmente qualcosa di buono”
Lo colpisco anche lateralmente per vedere se si muove e capire se è roccia-roccia o solo un sasso attaccato al fango.
TIN-TIN-TIN!!
Suona bene ancora, vai col fix!
Che una volta messa la scaletta qui, forse riesco a vedere la base della finestra.
Predispongo l’armo, ci passo la corda dinamica e le scalette, mi metto in carico delicatamente, guardo il sasso e… SI MUOVE!!!
Neanche il tempo di balzare giù dalla scaletta che sto sasso vien giù e insieme facciamo in volo di un metro/un metro e mezzo sotto agli occhi di Bot che non aveva certo pensato che sarebbe stato determinante nel suo ruolo di assicuratore.
E’ stato tutto molto veloce, fattostà che mi ritrovo fermo inginocchiato sopra al medesimo sasso un metro circa più in basso con il Bot che forse si era spaventato più di me avendo visto la scena da una posizione migliore della mia.
Comunque sia quel sasso non era tanto morbido e le mie ginocchia avevano subito un po’ il colpo e, in pieno accordo col Bot, decidiamo in 0.1 nano-secondi che la nostra giornata speleologica si concludeva così.
Disarmo il sasso (che ovviamente il fix ha tenuto) e lo getto giù dalla risalita (vedi video), mi faccio calare con moooolta delicatezza dal Bot, re-insacchiamo la roba e ci avviamo subito all’uscita.
Siamo entrati circa alle 10.30, alle 14.30 eravamo già fuori, alle 15.30 davanti ad un ricco tagliere di salumi e formaggi al bar di Mossano e alle 16.30 di nuovo davanti all’ingresso di quella grotta ad aspettare gli altri gitanti.
Man mano che uscivano anche gli altri miei compagni vengo a sapere che anche per loro è stata una gita così così. Peccato. Sarà per un’altra volta.
Gli unici che mi sono parsi contenti sono stati i membri del “Proteo” e la cosa mi fa piacere perchè non può che rafforzare la coesione tra i vari gruppi speleo.
Che dire infine… è stata la mia prima risalita subito battezzata dal mio primo volo non controllato…ma sicuramente ce ne saranno altre di risalite.
E altrettanto sicuramente non ci sarà mai più un’altra volta per il sottoscritto al Mangiaterra (a meno che non mi inviti Scarlett Johansson).
Bello. il sassetto.
Adesso non avrai più scuse da portare , e tutte le risalite sono tue. Garantito.