Ancora una volta l’indomito Pelliccia ha organizzato per sabato 18 marzo un’uscita al Mangiaterra sui Berici.

Il nome è già un programma ma l’entusiasmo è comunque alto, per molti di noi si tratta di una nuova grotta da visitare insieme agli amici. Tempo di prepararci e subito ci addentriamo nel bosco alla ricerca dell’entrata. E’ una bella giornata, il clima è mite, diverse varietà di fiori adornano il bosco, chiaro segnale che la primavera è alle porte. I porfumi ci inebriano…. ah no scusate, la grotta.
Dicevo, individuiamo l’entrata e mentre Michela spiega ad Ade come fare il primo ancoraggio esterno sull’albero, Gianki e Pelliccia fanno vedere a me (Katia) e Marco (fluo) come posizionare un deviatore. Tutto pronto, si scende.
L’entrata è un buco nel terreno nel sottobosco, tra terriccio e foglie. Bisogna stare attenti altrimenti ci portiamo un po’ troppi detriti dentro. Scendiamo a coppie, un istruttore ed un principiante, il primo felice di condividere una passione ed il secondo curioso ed attento. Ci viene spiegato di fare attenzione ai sassi che si disancorano, a togliere tutto ciò che si muove perché tutto quello che di instabile lasciamo, lo troveremo poi in risalita.
Si scende subito in corda. Il primo tratto è sporco della terra superficiale velocemente però ci portiamo all’interno dove inizia il primo pozzo roccioso di una decina di metri.
Sul fondo già si intravedono le prime pozzanghere che ci accorgiamo essere ospitate da salamandre e rane, cadute nel “Mangiaterra”.
La grotta è un susseguirsi di pozzi verticali e stretti passaggi da fare a carponi (io) o strisciando (Gianki). Che fortuna essere piccoli qualche volta!
Il secondo pozzo è meraviglioso, una caduta rettilinea di 30 m adornato di roccia pulita e scanalata. Già, pulita, perché questa grotta ha una spiccata caratteristica: è piena di argilla che diventa via via più consistente man mano che si entra.
Ad un certo punto io Ade Miky e Marco ci mettiamo comodi, Pelliccia e Gianki devono armare il prossimo pozzo. E mentre Michela gioca a tiro a segno con il fango su Pelliccia, i novellini speleo mangiano e chiacchierano.
Ripartiamo altri due pozzi, piccolini circa 8 m. Poi di nuovo fermi perché c’è dell’altro lavoro da fare, sostituire la corda del pozzo finale (circa 45 m). Marco e Michela decidono di rientrare, io e Ade invece andiamo a curiosare per vedere cosa stanno facendo i “veci”. Vediamo alcune manovre su come si sostituisce una corda, nel nostro piccolo diamo una mano. L’avvicinamento al pozzo finale è tutt’altro che semplice, per arrivare al punto di discesa bisogna spostarsi su un piano inclinato e scivoloso. Alla fine solo Gianki scende, Pelliccia è pronto a farci assistenza ma io e Ade ci “accontentiamo”, si fa tardi, meglio rientrare.
Inizia la risalita e ci accorgiamo che al posto degli attrezzi ci ritroviamo con dei blocchetti di argilla, meglio pulire tutto prima di partire. Con calma partiamo, cunicolo-pozzo-cunicolo-pozzo-cunicolo-pozzo. La grotta non dà molta tregua, non ci sono saloni o slarghi, o si striscia o si è su corda. Il fondo dei pozzi sono quasi gli unici punti dove riusciamo a guadagnare la posizione eretta.
Finalmente giungiamo all’ultimo pozzo, parte Gianki, io lo seguo. Mi sposto sul frazionamento quando vedo in basso Pelliccia e Ade pronti a risalire. In superficie ritroviamo Marco e Michela ad immortalare la nostra uscita.
Visto che siamo sporchissimi (e anche un po’ stanchi), decidiamo di aspettare Ade e Pelliccia alle auto. Ed aspettiamo, ed aspettiamo, ed aspettiamo……. (ah, la primavera….)
Finalmente arrivano, sorridenti, così possiamo gustare le birre di Pelliccia. Ce le meritiamo!
Articolo by Katia Zoncato – Gruppo Grotte G.Trevisiol CAI Vicenza