Siamo a metà febbraio, ci sono poche proposte e pochi lavori disponibili.

Che si fa? Si fa un sondaggio.

Tre scelte:

) Riarmare il mangiaterra (prima o poi si dovrà),

b) Andare in Giako,

c) Andare al piccolo Giaco e scavare.

Vince la scelta meno prevedibile… il piccolo Giacominerloch ci attende. Siamo una bella squadra, siamo in 5: io, Fanta, Wendy, Paltan e Mirko Razzo. Visto l’obiettivo, i tempi sono più lenti, non c’è avvicinamento e non c’è fatica pre-grotta. Siamo ai bordi della cava e a un passo dal maestoso Giako. Il meteo è “orribile”, si sta bene in maniche corte, tutto bene se non fosse che siamo a metà febbraio e a 1000 metri, stanno sbocciando le gemme. Il paesaggio è molto cambiato in questi anni, molti alberi non ci sono più, anzi, manca proprio il bosco. Con calma, quindi, ci avviciniamo al piccolo Giacominerloch, niente geyser di aria che esce dal fondo. Siamo in una situazione di equilibrio termico tra l’interno e l’esterno.
La struttura in metallo “casualmente” era a terra e con i pali piegati ma noi, da bravi speleologi, la rimettiamo in funzione. La profondità è di 6 metri e rotti. Ci organizziamo così: 2 sul fondo, 1 sopra al primo intoppo, 1 ancora sopra e infine uno all’esterno. Wendy accende la musica e le mani cominciano a scavare. L’umore è buono e si va. La mia mazzetta pesante spacca pietre una dopo l’altra. Si avvicendano i cambi, chi sale e chi scende. Certi massi li portiamo fuori ancorandoli. Pausa pranzo e poi via di nuovo a scavare. A fine lavoro siamo scesi di quasi un metro. Facendo un conto a spanne, potrebbero essere 10 i metri che mancano prima di arrivare alla roccia dura, probabilmente anche meno. Come dire… una decina di uscite così e si entra…
Nella seconda parte del pomeriggio, dopo che due di noi hanno preso la strada di casa, siamo andati a vedere delle grottine lì nei paraggi; una in particolare è molto interessante. Ci hanno già lavorato tanto ma come tutto può tornare a nuova vita se visto con occhi ed energia differenti. Cerchiamo anche grottine a 400/500 metri di distanza; ahimé, non hanno la placchetta e le coordinate presenti ci fanno girare a vuoto per un po’.
La giornata finisce al tramonto, bella e in compagnia, uscite di cui è fatta la speleologia perché… scavare bisogna.