Sala Gastone Trevisiol - Abisso Farolfi

Sala Gastone Trevisiol - Abisso Farolfi

A guardare il meteo..bisognava stare a casa. Precipitazioni su tutto il nord e centro Italia, freddo e neve in arrivo per tutto il weekend. quando partiamo da Vicenza piove e dirotto e Leone, nella sua cuccia in fondo all’auto, uggiola protestando: ma dove mi porti stavolta? Elena stavolta mi accompagna, e mi guarda come dire:’Ma sei proprio sicuro?’ Io proprio sicuro non sono, anche perchè lascio a casa cose importanti da fare, ma sto zitto e guido, la calamita apuana chiama forte. Poi guida Elena, perchè io sono stanco morto. Il passaggio degli Appennini ci offre scene da tregenda con torrenti in piena furiosa e acqua a catinelle, io penso… ma dove sto andando? A casa di Marco facciamo il Gran Consiglio: che facciamo? Fuori diluvia, ma noi abbiamo un voglia matta e allora ci vestiamo tutasottotuta già in salotto, montiamo sul defender e andiamo a Fociomboli, a vedere cosa succede. Fatalità quando siamo lì QUASI smette di piovere, così ci infiliamo due Marbach antipioggia che lasceremo poco dopo l’ingresso (sennò muoriamo dal caldo) e in fretta scendiamo alla solita grotta. Dall’ingresso si scende in compagnia di un bel ruscelletto, oggi va così… Nel cambiarmi alla prima saletta perdo subito la cocacola in mezzo ai sassi: cominciamo bene. La Grotta è grassa, grossa e in piena di brutto: tutto il percorso che facciamo è bene o male nel fossile ma piove un pò dappertutto e gli attraversamenti degli attivi regalano docce gelate che sono niente affatto benvenute. Passiamo il Campo1 e filiamo dritti al Campo2, è pazzesco la quantità di acqua che vedo passarmi accanto anche in posti inaspettati, cerco di immaginarmi la complessità del reticolo di assorbimento di questo sistema e procedo, a bocca aperta (ma poi la chiudo sennò mi annego, eh eh). Arriviamo al Campo2 con la bocca felpata, il salame con l’aglio col vino rosso che abbiamo mangiato a casa prima di entrare mi ha presentato il conto. Così ci facciamo prima di dormire un secchio e mezzo di the ai mirtilli e tisane digestive, tanto qui intorno piove a dirotto dappertutto e la materia prima non manca. La notte passa benissimo, cullato dagli scrosci dormo alla grande, anche il mal di schiena sembra misteriosamente sparito forse è merito di questa grotta magica. Dovrò tornarci spesso, a farmi massaggiare dai meandri come dice Claudio. Dopo una colazione ipogea (imperativo: mangiare di tutto, tutto mischiato) il dubbio che ci arrovella è come saranno le condizioni del 55, un pozzo lavato e gocciolante già in tempi di secca. Quando ci arriviamo ci affacciamo e… miracolo, il pozzo è silenzioso e quieto, lo scendo per primo e in fondo sono tutto contento a vedere che a parte il solito stillicidio di acqua non ce n’è tanta. Mi trattengo dal gridare di gioia la notizia a Marco, e faccio bene, perchè quando mi incammino peri saltini verso la Via dei Venti un rombo di tuono mi gela. Dalla forra scende una quantità d’acqua pazzesca, il rumore è assordante e non c’è verso di evitarla. Passo questi 50 metri correndo sui corrimani come non ho mai fatto, il freddo liquido mi scende per il collo giù per la schiena e mi imbeve gli scarponi. Se penso che un mese fa siamo stati qui per qualche bella oretta a mettere le corde…stavolta in tre minuti sono di là, bagnato come un pulcino. Quando Marco mi raggiunge scatta subito l’automatismo, quello che rende necessario venire in questi posti solo se si è preparati e pronti a cavarsela: uno scatta ad armare il fine corda dello scivolo, un altro corre ad armare la calata nel nuovo salone , stare fermi 10 minuti in queste condizioni col vento che tira significa aprire la porta all’ipotermia, passo i due m.monti e scendo, sto più attento alle cascate d’acqua che agli armi e così sbaglio tutto e al ritorno dovremo cambiare due ancoraggi. Pazienza, al fondo troviamo un passaggio sopra a tre massoni appoggiati l’uno sull’altro, con dei pozzi ai fianchi: salendoci sopra e passando sotto alla solita cortina di acqua ci inoltriamo in un salone. La prima cosa che notiamo è che a terra ci sono delle impronte e già qui il cuore dà un balzo. Poi, girando dietro un angolo, scopriamo un masso con la scritta: RASSELL-ICARO-JOSCO ’80. Ci abbracciamo gridando, saltiamo di gioia e in un attimo la piena non c’è più, il freddo non c’è più e io non vorrei essere in nessun altro posto al mondo. GIUNZIONE! Giriamo per la Sala scoprendo tante altre scritte varie, la scritta dei primi giunti qui, la scritta dei Triestini che prende per il culo Qualcuno (eh eh) e sopratutto la scritta FIGHEROLFI, mezza cancellata. Sembra incredibile, ma oggi, più di trenta anni dopo, siamo capitati dall’alto NELLA STESSA SALA DELLA STORICA GIUNZIONE FAROLFI-FIGHERA’ di quei tempi! Una nuova giunzione Farolfi Figherà nello stesso posto… questo è un posto predestinato! Prima ci fumiamo una sigaretta sacrosanta e buonissima, poi passiamo un pò di tempo girovagando per le due grotte, prima Farolfi, scendiamo un pò di pozzi, ci inoltriamo per gallerie percorse da torrenti in piena rabbiosa, accompagnati dal rombo potente dell’acqua che scorre sotto i nostri piedi. Poi torniamo su e … via verso il Fighera, passiamo la scritta ‘Figherà/ freccia a sx e Farolfi/freccia a destra’, una figata, come direbbe qualcuno che conosciamo. Passo a naso per aria queste magiche gallerie percorse dall’aria che adesso non mi sembra più così fredda ma sembra che mi accarezzi, diramazioni vanno a volte di qua e a volte di là, bellissimo, sembrano finte se non fosse una cazzata considerare finti questi posti indescrivibili che sono il cuore del TEMPIO costituito dl Complesso Fighera/Farolfi/Corchia. Al Campo Erica ci distendiamo, abbiamo solo acqua fredda da bere (ce n’è tanta…), stendo le gambe e fumo, la tuta fradicia e gli scarponi zuppi. Risaliamo veloci, ognuno con i suoi pensieri, butto tutta la concentrazione che ho nei passaggi in arrampicata sotto l’acqua che mi batte le spalle, anche quando sbaglio direzione e mi ritrovo sotto una cascata senza prosecuzioni davanti. Come sarebbe se non fossimo autonomi entrambi, come mi comporterei se in questi posti oggi divessi preoccuparmi dell’incolumità di qualcun altro meno attento e meno esperto? Penso che il numero giusto oggi sia proprio questo, io e Marco e tre sacchi speleo, questo penso mentre risalgo il 55 beandomi dello sforzo e del conseguente calore che mi procura alle gambe e alle braccia. Al Campo2 un altro secchio di minestra bollente, combattiamo il freddo fuori buttando dentro roba caldissima. E poi via, verso l’uscita, che le gambe sono già stanche e i pensieri si stanno già ingarbugliando. In due si va veloci, senza tante pause per fortuna. A volte mi pare che l’acqua aumenti e a volte mi pare che diminuisca, ad un certo punto ci confrontiamo su questa cosa e io giungo alla conclusione che è quasi impossibile capire da dentro come sia il tempo fuori, in questo posto. Almeno oggi.
Prima dell’uscita Marco ritrova la cocacola (bravo)e ce la scofaniamo tutti contenti perchè abbiamo la bocca riarsa che sa di minestra e tabacco. Fuori miracolo, non c’è neanche la temuta neve, sul tappeto di foglie di faggio scivolosissimo raggiungiamo la macchina e l’immancabile birrona dalla Piera.
Nel retro dell’auto rimangono i nostri sacchi e le nostre tute fradicie, in grotta rimangono i nostri fix che seguono una linea che dai piani alti del Farolfi scende a trovare e salutare l’Abisso Claude Fighera.
La pioggia continua a cadere incessante (non ha mai smesso), e noi scivoliamo verso una bottiglia di Ripasso Valpolicella, tutti contenti.
Giancarlo Zanetti, Gruppo Grotte G.Trevisiol CAI Vicenza-