Domenica 3 Ottobre 2010-10-23

Partiamo io, l’Umido e la Sirena per proseguire l’esplorazione al Torretta in Val d’Astico. Raggiunto il ponticello troviamo il torrente sottostante attivo, guardo meglio una pozza d’acqua e vedendone il colore paglierino capisco che le condizioni dell’acqua non sono buone: porca vacca la vacca…. argh…ma venerdì a Vicenza ha solo piovigginato, se ne viene fuori la Sirena che dice: “ ma da noi venerdì ha diluviato tutto il dì” ed io “ ma porca vacca la vacca….argh”. L’Umido non si fida e va a vedere, torna scuotendo la testa, dice che ci saranno al massimo 2 metri di visibilità. Che fare ? Seguono proposte di andare alla Grotta del Laghetto,  alla Pria o a casa di……., ma decidiamo che la destinazione sarà il Gorgo Santo, qualche chilometro più avanti. Al parcheggio prepariamo velocemente l’attrezzatura e pur vestiti con le mute stagne, preparate per la Torretta, saliamo il sentiero ed entriamo facendo il solito passamano con le bombole d’immersione. Nel primo sifone troviamo il filo rotto (l’Umido ci dice che il 15 agosto ha fatto una piena tale che l’ingresso sputava acqua a piena bocca) e dopo averlo ricollegato emergiamo dall’altra parte. Lavoriamo un po’ a turno sul laghetto per verificare un’ipotesi che da qualche tempo ci frulla in testa e… discorso lungo e complicato, vedremo. Proseguiamo e raggiunto il pozzo sopra il secondo sifone, risaliamo una paretina scivolosa. L’ultima volta l’avevamo attrezzata con uno spezzone di corda alla quale ora aggiungiamo i nodi. Strisciamo superando un breve laminatoio, ci intrufoliamo tra i massi conglomerati di una grande frana che riempie un camino, proseguimento naturale verso l’alto del pozzo. Muoversi non è facile e le mute stagne, adatte alle immersioni in acque fredde, ci fanno sudare sette od otto camice, per fortuna che il lotto di tali indumenti, acquistato dall’Umido, è ben fornito di capi di tutte le taglie. In tutto percorriamo una ventina di metri. S’è rivelato un ambiente articolato che avrà bisogno di un’altra visita, dotati di altre attrezzature più snelle, per una più accurata ispezione ed il rilievo. Alla prima magra organizzeremo un’uscita in forze, con vari obiettivi: rilevare questo camino, trasportare un gruppo d’immersione, per lo speleosub di punta, fino in fondo al Ramo Nuovo (700 metri di laminatoio quasi continuo, una FIGATA), per continuarne l’esplorazione oltre il  quinto sifone, guardare meglio e rilevare un duecento metri di rami laterali al laminatoio principale.

PREPARATEVI !!!!!!!

boa

Sabato 23 Ottobre 2010

Due settimane fa l’Umido e Maceria, attrezzati con mute più leggere, sono riusciti a passare la frana del camino sopra il pozzo del secondo sifone. E’ un camino completamente riempito da una pletora di massi ben lavorati dall’acqua e conglomerati dalla calcite, il tutto ricoperto dal nostro amico, compagno di molteplici esplorazioni, il fango.

http://www.youtube.com/watch?v=SnEx-xi5zWM

Oggi siamo in tre, la Sirena della Valdastico, l’Umido ed io, insomma sempre i soliti storditi. Velocemente raggiungiamo il pozzo, risaliamo la paretina attrezzata con una corda a nodi, tipo “Pirati dei Carabi”, percorriamo il breve laminatoio ed affrontiamo il camino, che ci costringe ad effettuare continui contorcimenti e serpeggiamenti per trovare la giusta via in salita, che porta alla sala sovrastante. Alcuni passaggi sono alquanto scomodi, ma quando arriviamo alla strettoia verticale c’è da divertirsi, è un dlc (discorso lungo e complicato), va affrontata con calma ma determinazione, i piedi non trovano punti d’appoggio, il fango aiuta a scivolare in su, ma appena molli ti fa tornare giù,…acc…porc…grunf…sig…daaaii…evvvai, passati, fiuuuu. Poco più su sbuchiamo nella “Sala della Franaconda”, dove il fango s’è divertito ad accumularsi ovunque, formando addirittura simpatiche stalagmiti.

E’ tutto un camminare su grandi massi incastrati, la Sirena ed io seguiamo una frattura che ci porta avanti per una trentina di metri, raggiungo il tetto della stessa ma chiude, sotto c’è un piccolo attivo che sarà da riguardare. Intanto abbiamo perso le tracce dell’Umido che, come un segugio delle campagne del Galles, ha fiutato una via e s’è messo sulle tracce del vuoto che tanto ci attrae.

“Francooooooo, dove seiiiii….ahooo…. veciooo……dove sitooooo….ahoooo storditooooooo……”

“Eccomi, son qua, cosa c’è da urlare?”

La descrizione di un lungo meandro ci rapisce, quindi via, anche noi, uno dietro l’altro, percorriamo questo meandro in fessura, stupendamente decorato da una moltitudine di “capelli d’angelo”, vaschette sul pavimento e colate lungo le pareti. Dopo un centinaio di metri la via si fa veramente stretta, andava così bene…vuoi che sia finita? La diaclasi (ma è una diaclasi o una faglia ? no è un fessurone nel cuore della montagna!, ma non è lo stesso? boh? comunque sia sale) che ci sovrasta è in parte occlusa da bellissimi ciottoli arrotondati, che evidentemente sono venuti giù da sopra e là sopra sono stati ben lavorati dall’acqua, da tanta acqua…..ma è stretta.

Torniamo indietro e scoviamo una fessura parallela che, dopo poco diventa stretta, tanto stretta, l’Umido ci si infila…ma ci passa!!!!! Non so se sia un po’ folle, ardito, bravo o solo umido….mah, però le strettoie sono tutte sue. Sparisce, poco dopo urla di aver trovato un pozzo fondo una decina di metri, io gli dico di fermarsi e tornare…..stranamente torna.

Ci provo anch’io allora e questi quattro metri non sono poi impossibili, percorro il bel meandro interessato da un rivolo d’acqua e giungo al pozzo, fondo una decina di metri, sul fondo si intravede acqua ed un meandro che parte, è facilmente fattibile in libera, vado? mi fermo? vado giù???……mmmmm…. NO, meglio fermarsi, tornare un’altra volta ed attrezzarlo con una corda. Dietrofront, meandro, quattro metri da sogliola in parete, passaggio basso nell’acqua e…. tra i sassi notiamo vari ossicini, femorini, costoline, vertebrine, insomma uno scheletrino di un animalino, forse un ghiro.

Ritroviamo la Sirena, difficilmente distinguibile dal fango che la circonda, quindi viiiiaaaa.

Non contenti ci caliamo nel Ramo Nuovo e percorriamo, con l’acqua alle orecchie, il terzo exsifone e verifichiamo che i lavori di mazzetta e scalpello fatti da Maceria, rendono ora più semplice la via, anche per i meno acquatici, che alla prossima bella magra ci aiuteranno a proseguire le esplorazioni ormai sospese da qualche anno.

boa