Ma cosa sta succedendo? Guardo il cunicolo che ho davanti e non credo ai miei occhi, mancherebbe anche poco ad uscire alla base del pozzo ma il torrente che entra furioso davanti a me nel meandro occupa quasi metà dei circa 50 cm di altezza dello stesso e mi impedisce di proseguire, là dove mai avevamo visto una goccia d’acqua ora ci sta un bel ruscello: cosa sta succedendo? Non credo ai miei occhi e alle mie orecchie che ascoltano turbate il rombo di una cascata provenire dal di là della strettoia, dovrò proprio mettermela via e accettarla, ci siamo proprio in mezzo.
Una piena.
Eppure solo poche ore fa eravamo passati di qui sereni e tranquilli, la grotta era quella di sempre anzi forse era più asciutta degli altri anni, e noi belli belli avevamo preso la via del cuore della montagna, dovevamo riarmare la cavità fino a c. –250 e verificare la scheda d’armo. Sul pozzo 28 l’armo lo finisce AnnaFrancesca, traversando stile ‘gatto silvestro’ tutta la parete prima del fondo per rinviare l’ultimo fix restando appesa con una mano su una bella manigliona. Poi sul pozzo da 35 tocca all’oriundo Josè Ernesto Suarez farsi avanti, poi passato questo si entra, come si sa, nel grande Meandro che porta fino in fondo. Lungo questa via cambiamo l’armo del pozzo 16 con una geniale intuizione del ‘vecchio’ Pierluigi Salustri, il veterano dei veterani che oggi è in nostra compagnia a verificare come noi novelli istruttori insegniamo agli aspiranti che da tutta Italia sono qui per una settimana ad imparare e approfondire tecniche di progressione in grotta. Così passa la giornata e quando decidiamo di rigirarci e prendere la strada dell’uscita siamo nel mezzo del meandro, in una delle parti più affascinanti tra curve cariche di sabbie e approfondimenti su fondi d’acqua lontani: in molti vorrebbero ancora andare avanti, anche Pierluigi si vede che vorrebbe stare lì ancora ma insistendo un po’ ottengo che si torni indietro, lo scopo della giornata è raggiunto. La prima cosa che raccomandiamo a tutti è di non correre fuori ma di aspettarci tutti a distanza sopra ai pozzi per sicurezza e la seconda cosa che succede è che Josè e Nicola partono per primi come missili, distaccano tutti e non li vedremo più se non una volta usciti… Noi invece in gruppo arriviamo sereni fino alle zone alte della grotta, io che sono davanti arrivo per primo in sala caffè e, leggermente distaccato dagli altri, mi fermo per aspettarli. Il solito stillicidio che batte ritmicamente sul telo del pozzetto manca ormai da tempo, la sala è silenziosa e quando le prime gocce d’acqua iniziano lentamente a battere sul nailon non ci faccio nemmeno caso, tanto dal colatoio è sempre arrivato qualche schizzo d’acqua. Tendo invece le orecchie verso il bel meandro a buco di serratura e dopo un po’ alcuni rumori mi annunciano che arriva il primo dei miei compagni, che quando entra nella sala si accompagna ad alcuni scrosci d’acqua che vengono all’improvviso dall’alto.. Mah.. Accolgo con un succo di frutta il mio compagno e il mio cervello inizia a chiedersi come mai all’improvviso piove acqua, il nuovo arrivato non se lo chiede, è arrivato ora e pensa che sia tutto normale non si ricorda che all’andata qui era tutto silenzio! E con l’arrivo degli altri, in non più di due minuti, lo scroscio d’acqua raddoppia, triplica, improvvisamente diventa una cascata vera e propria che batte la parte a nord della sala, i miei ospiti mi guardano e io in verità non so proprio che faccia fare né cosa dire, ormai per parlarsi bisogna alzare la voce e quando tutti si alzano nel fragore per affacciarsi a godersi lo spettacolo della massa d’acqua che si schianta giù dal pozzetto allora mi scuoto e capisco che bisogna muoversi. Indietro non si torna (per ora) e davanti la progressione è libera ed asciutta: allora tutti su dal pozzo, e penso di essere abbastanza convincente quando lo urlo a tutti nelle orecchie, infatti tutti fanno a gara per seguirmi lungo la corda e fortuna che qui il tiro è corto!
Intanto mi risuonano nelle orecchie le parole di un vecio e mi obbligo a far lavorare la materia grigia: sto facendo la cosa giusta? Cosa troverò davanti? Cosa lascio dietro? Intanto qui non ci si bagna, ultimo della fila rimane Pierluigi che è uno che non abbisogna di raccomandazioni e gli allievi li metto tra me e Simone che è qui come aiuto-istruttore. Nel pozzetto successivo il rumore è alle spalle, giunge solo una lontana eco e il meandro davanti, che è quello che porta ad uscire sul pozzo che dà all’esterno, è silenzioso ed asciutto. Meno male! Ci infiliamo tutti e in silenzio ci addentriamo.
Di solito in questa zona della grotta impreco perché sono così stanco che vorrei essere già uscito, adesso impreco perché a metà meandro devo fermarmi, e con i capelli che si raddrizzano sotto al caschetto mi tocca di ascoltare un sordo, brontolante rombo provenire dal meandro davanti a me… Bestemmiando sottovoce proseguo rassicurando Simone dietro di me ma quando, a circa 5 metri dall’uscita, nel punto più stretto vedo il torrente entrare dalla strettoia e correre verso di me andando a perdersi nei sassi davanti alle mie mani, allora passo i 5 minuti forse più imbecilli della mia carriera speleologica a bocca aperta senza più riuscire a parlare o muovermi!
Dietro di me sono tutti in fila nel meandro uno dietro l’altro e mi chiedono chessifà, davanti mi si è aperta la diga del Vajont e non so neanche che fine abbiano fatto i due disgraziati che mi hanno preceduto correndo fuori… saranno lungo i colatoi di uscita, che scaricano sassi anche solo a guardarli e che adesso saranno una specie di Niagara? Questa idea mi spinge a forzare l’uscita, mi faccio seguire da Simone (che so mi seguirebbe senza fiatare dappertutto) e lascio indicazioni di attendere notizie. Usciamo ‘stile salmoni’, con la schiena bassa e la testa alta contro il soffitto, fuori è veramente incredibile: scroscia acqua dappertutto, il fondo del pozzo è un vero lago di diversi metri dove galleggia il secchio che di solito usiamo per fare acqua alle lampade… I due ‘fuggitivi’ non ci sono più, scopriremo solo una volta fuori che sono riusciti a precedere la piena di pochi minuti, fortuna che non li ha beccati a metà colatoi… Controlliamo i colatoi da sotto e ascoltando ci rendiamo conto che scaricano solo tanta acqua, allora decido di far uscire Simone da solo con le chiavi delle auto (e dei telefoni!): so che è bravo e sopratutto è velocissimo, in più non è la prima volta che esce da una grotta in queste condizioni. Io invece raggiungo la strettoia, mi reinfilo dentro e raggiunto il gruppo ci disponiamo all’attesa: sappiamo che sarà lunga e …fresca. Uscire ovviamente non se ne parla fintantoché non cessa l’onda maggiore di piena, ci disponiamo in uno slargo del meandro a scaldare il the e poi tutti sotto i ponci termici da grotta. Ovviamente c’è un allievo che non ce l’ha e si becca il mio, tanto l’istruttore non ha mai freddo, vero? Ogni ora circa esco a verificare il livello dell’acqua, scavo anche un po’ tra i sassi ma inutilmente, tanto una cosa è sicura: da qui non ci muoviamo se fuori la situazione non migliora. Dopo circa 4 ore esco dalla strettoia e l’acqua ha iniziato a defluire, salgo fino ai colatoi e gocciolano un po’ meno, così decido di aspettare un altro poco e poi di ripartire. Ma dopo solo 5 minuti un richiamo all’ingresso del meandro ci sorprende: Marco ci ha raggiunto da sopra deviando la corda dei colatoi, lui e Francesco, i due tecnici del soccorso presenti al nostro campo, hanno attraversato l’Altopiano sotto una bufera eccezionale, sono saliti per la strada dei quarti Verena in fretta e furia allertati dai nostri compagni usciti ed ora sono qui. Tiro un sospiro di sollievo: i due ‘fuggitivi’ sono in salvo (Simone compreso), la corda è deviata dall’acqua e possiamo uscire, nessuno si è fatto niente. All’uscita diamo il cessato allarme alla stazione del soccorso speleo di Vicenza, che era già in movimento. Scopriremo poi che un nubifragio eccezionale ha colpito questa zona dell’Altopiano di Asiago, con piogge straordinarie, frane ed allagamenti ovunque.
Data l’ora notturna il the caldo (col rum) ce lo facciamo al campo a Gallio, certo che chi mi dirà ancora che allo Spiller non si prendono piene…

Gianki