POLITRAUMA
Politrauma è definito da Wikipedia come “paziente che presenta una o più lesioni traumatiche ad organi o apparati differenti con compromissione attuale o potenziale delle funzioni vitali”.
Tutto è cominciato da una telefonata di Gianki al sottoscritto: “Ciao Pelliccia! Lo so che se gavevino messi d’accordo par nare in Spiller domenega con Micky e Simone ma me ga ciamà el me amico Gianetti domandandome de nare in Canin e ghe go domandà se te podevi vegnere anca ti. Dai che te dormi in furgon al posto dea Elena (se la me lassa), partimo el venere de sera e tornemo de sabo notte. La grotta se ciama POLITRUAMA, ghe xè 2 ore de avvicinamento, poi xè va a -100/-150 e, in fondo a na galleria, dovemo scavare e risalire qualche metro per tentare de unire 2 grandi complessi carsici. Dai nemo in Canin!”
Quindi l’obiettivo è svuotare un sifone di ghiaia (!), passare di là e fare una risalita di qualche metro e, rimasto abbastanza scettico riguardo al nome della grotta, alla fine accetto. Andrò in Canin per la prima volta.
Venerdì sera carico la mitica Uno e parto con calma ma a metà strada…… mi accorgo che mi sono dimenticato in garage il casco e gli scarponi!!!!
Repentina inversione a U per recuperare l’attrezzatura mancante per non pagare casse e casse di birra agli altri gitanti (trauma n. 1 con potenziale trauma n. 2).
Ritrovo a Vicenza Est e senza troppi saluti via subito in direzione Canin.
Viaggio tranquillo e con molte raccomandazione da parte di Gianki riassumibili così: “non fare cazzate!”.
Arriviamo in pizzeria e, dopo esserci uniti con Gianetti e Cristina, si inizia subito a parlare dell’uscita di domani (non si perde proprio tempo!).
Dopo la pizza e qualche birra ci avviamo tutti al parcheggio dove passeremo la notte e capisco subito che il sacco a pelo che mi sono portato dietro non è sufficiente (trauma n. 2)… problema risolto dal sottotuta.
Durante la colazione ci raggiunge l’ultima componente della spedizione: Patrizia, che man mano che passava il tempo mi rendevo conto che ero insieme ad una leggenda esplorativa vivente del Canin.
Dopo il briefing finale ci prepariamo gli zaini e dato che il mio è troppo piccolo per queste spedizioni mi tocca portare il sacco speleo a mano (trauma n. 3).
Con mio grande stupore ci portiamo dietro anche una tanica vuota da 20 l per l’acqua… mah… chissà a che servirà… meglio non fare domande…
Ci incamminiamo per il sentiero e, dopo qualche centinaio di metri di pendenza moderata, la situazione cambia decisamente… alla fine saranno 800 m di dislivello!!! (trauma n. 4).
L’avvicinamento è stato effettivamente di 2 ore come mi aveva detto Gianki per cui non mi può lamentare.
Rifiatiamo, ci cambiamo con calma e iniziamo a inoltrarci in questa grotta.
Ultima raccomandazione di Gianki prima di entrare: “Ora xerca de non vardare gli armi che te cati. E non sta fare domande a riguardo!”… uhm… non promette bene…
Ora tralascerò la descrizione degli armi e delle corde trovate in grotta, mi limiterò a segnarli come trauma n. 5 e trauma n. 6.
Appena entrato in grotta capisco subito che ci sarà da tribolare.. inizio con strettoia in discesa che non ti permette neanche di vedere dove vai e subito dopo pozzo in faglia da 50 m (molto molto molto bello) che per attaccarti ti devi sporgere non poco.
Nel pozzo mi sono molto divertito, sia perchè un pozzo in faglia così non l’avevo mai visto, sia per tutti i suoi frazionamenti che spezzava la progressione (a me i pozzi piacciono frazionati).
Alla base di questo pozzo c’è un’ampia e molto alta sala che intercetta a 5 m dalla base 2 gallerie antecedenti ad essa, una delle quali è la nostra via.
La galleria è larga e comoda all’inizio ma ben presto il soffitto si abbassa e siamo costretti a camminare piegati (o i più alti a carponi).
Dopo questa galleria la grotta diventa un po’ labirintica con varie discese, piccoli saltini, meandri laterali, finestre e quant’altro… basta seguire la corda e tutto va bene.
Dopo esserci tutti riuniti in una saletta ci avviamo verso la galleria dove in fondo ad essa c’è l’obiettivo della nostra uscita.
Solo in questo momento scopro che quella famosa tanica per l’acqua da 20 l che il buon Simone si è portato dietro è bucata su tutto un lato a mo di secchio!! boh… il mistero continua…
Questa grande galleria è più larga che alta come documentano le foto…
Arrivati in fondo alla galleria subito una brutta notizia: il sifone di ghiaia che dobbiamo liberare si è riempito di nuovo e quindi bisogna scavare un po’ più del previsto.
Poco male, siamo li per quello in fondo.
Ci prepariamo con guanti da lavoro e piccoli badili e cominciamo a scavare, e scopro finalmente a che serve quella dannata tanica bucata: come carretto da miniera per portare fuori i detriti!!!!
Si infilano a scavare nel sifone subito Simone e Gianetti, con la Patrizia, la Cristina e Gianki che fanno da passa-tanica e io e la Micky addetti allo scarico del materiale, impresa non facile data l’enormità della galleria (trauma n. 7).
Dopo una buona ora di scavo (perchè scavare bisogna!) il sifone si apre facendo passare un vento gelido che ti porta via il calore dalle ossa (trauma n. 8) e finalmente Gianetti, Gianki e la Cristina riescono a passare il sifone mentre il resto della truppa rimane dietro a liberare meglio il sifone e preparare te caldi a manetta.
Le ore passano tra una badilata di ghiaia e un te, finchè dobbiamo fermarci con lo scavo perchè altrimenti la parete dall’altra parte del sifone poteva collassare e riempire nuovamente il passaggio.
Non ci resta che aspettare distesi su questa galleria con l’aria gelida (grazie Gianki del piumino!!) che i nostri eroi completassero la risalita.
Ci rannicchiamo tutti vicini e sfruttando il povero Simone che ci fa da scudo contro l’aria sentiamo le grida degli scalatori che ci avvertono che hanno fatto 45/50 m di risalita ma che non sono riusciti a capire da dove arrivasse tutta quell’aria e che potevamo cominciare a sbaraccare e avviarci verso l’uscita.
Niente congiunzione, al momento.
Usciamo che c’è ancora luce e ci avviamo con calma sul sentiero del ritorno e il mio ginocchio ha deciso di farmi penare fino alla fine (trauma n. 8).
Tornati alle macchine verso le 22 salutiamo la Patrizia e noi superstiti decidiamo di andare a mangiare i “poleti” o “boleti” (non ho ben capito) traducibile con “galletti”.
Inizio a sentire la fatica della giornata ma una birra media artigianale non me la leva nessuno e dopo una cena condita da una generale stanchezza e delusione per la mancata congiunzione ci salutiamo e prendiamo tutti la via di casa concludendo questa uscita esplorativa/cavatoria al Politrauma.
In conclusione la grotta Politrauma ha mantenuto fede al proprio nome, ma al netto di questo personalmente sono stato felicissimo di questa uscita; perchè ho conosciuto nuove persone fantastiche, ho visitato una grotta molto molto bella e sono stato considerato all’altezza del compito.
Spero un giorno di poter tornare in Canin anche solo per fare un giro.
PS: quando sono rincasato alle 3 del mattino, non avendo avvisato del mio rientro, mi sono trovato il letto occupato dal moroso di mia sorella… (trauma finale!)
Chissà se la mia famiglia avrà voluto dirmi qualcosa…
Ecco una carellata di foto
Bravissimo, hai scritto un grande articolo Pulcinella!!! 😉
Voto questo articolo come ‘articolo dell’anno del redivivo sito GGT’. (Grazie pulcinella per avermi tenuto sveglio per strada tornando di notte…)
bravo Andrea sei mitico