speleologia…
La speleologia (dal greco spélaion=caverna e lògos=discorso) è la scienza che studia i fenomeni carsici ovvero le grotte e le cavità naturali, la loro genesi e la loro natura. In quest’ambito, essa si inserisce tra le scienze che studiano la terra ed in particolare i fenomeni naturali che avvengono nel sottosuolo, tra cui il movimento delle acque sotterranee (idrologia ed idrogeologia) e la biologia (biospeleologia).
Al di là della alla sua veste prettamente scientifica, la speleologia attrae un notevole numero di persone (speleologi) che la praticano come disciplina essenzialmente sportiva. Gli speleologi spesso sono organizzati per il tramite di locali gruppi speleologici e, quando presenti, federazioni speleologiche regionali.L’esplorazione delle caverne è sicuramente una delle più antiche attività umane, dato che nella preistoria la protezione che offrivano le caverne era molto ricercata.
La prima segnalazione storica dell’attività di speleologi è dell’853 a.C., quando il re Assiro Salmanassar III visitò delle caverne alle sorgenti anatoliche del fiume Tigri. Dovettero piacergli molto perché ne fece realizzare un bassorilievo commemorativo in bronzo (ora al British Museum) col quale decorò le porte del suo palazzo. A questo remoto avvenimento sono seguiti millenni di visite e di fantasticherie sul tema grotta, ma è solo con l’avvento dei primi naturalisti moderni, nel ‘600, che iniziano ad apparire delle descrizioni accurate.
In Europa è in particolare il libro Mundus Subterraneus di Athanasius Kircher, il primo a mostrare un interesse complessivo a quanto avviene nel sottosuolo.
L’esplorazione sistematica delle grotte inizia però solo alla metà dell’800, quando appaiono esploratori che pongono le basi di quella che ora chiamiamo speleologia, cioè la ricerca e descrizione sistematica del mondo sotterraneo. I primi studi vengono effettuati proprio sul Carso, fra Trieste e Lubiana, ad opera di speleologi italiani, austriaci e sloveni. È infatti del 1854 il libro Die Grotte von Adelsberg, Lueg, Planina und Laas pubblicato dall’ingegnere governativo viennese Adolf Schmidl. Altre esplorazioni avvennero nella Francia meridionale e negli Stati Uniti.
Alla fine dell’800 iniziano a formarsi gruppi speleologici, alcuni dei quali tuttora esistenti, costituiti quasi esclusivamente da volontari.
Da allora l’interesse è andato crescendo, salvo le interruzioni belliche, anche se la filosofia e le tecniche di ricerca e di esplorazione sono cambiate moltissimo.
I mutamenti più evidenti avvengono però degli ultimi decenni. Lo sviluppo delle tecniche di progressione, l’approccio più scientifico alle esplorazioni e le maggiori possibilità individuali di viaggio hanno fatto sì che il numero di grotte profonde esplorate sia andato raddoppiando ogni circa quindici anni e che si siano formati gruppi speleologici diffusi ovunque.
Ma l’esplorazione delle grotte è un processo che continua ancora e che richiede uno sforzo di documentazione e divulgazione sempre più raffinato.
Tipi di speleologia:
La speleologia è nata per l’esplorazione delle cavità naturali libere dall’acqua; in particolare, l’origine della speleologia sportiva è legata all’esplorazione delle cavità carsiche. Generalmente, questa attività è indicata come “speleologia” tout-court.
Una variante, sempre legata comunque alle cavità naturali, è l’esplorazione delle cavità generate dall’attività vulcanica (grotte laviche).
Un altro degli aspetti cui la speleologia si dedica è lo studio delle cavità artificiali, detto anche speleologia urbana. Questa branca della speleologia si occupa di cavità di origine antropica: antichi cunicoli, miniere, reti fognarie, catacombe, ecc.
Una branca particolare, molto specializzata, è la speleologia subacquea, che si occupa dell’esplorazione di percorsi sotterranei (naturali o artificiali) allagati. In questo caso, le tecniche speleologiche sono affiancate da quelle della subacquea.
Materiali e tecniche della speleologia sportiva:
Si possono dividere in tre categorie:
personale
di equipe
speciali
nell’equipaggiamento personale abbiamo:
abbigliamento specializzato
materiali per l’illuminazione
materiali per la progressione
Abbigliamento specializzato :
L’abbigliamento dello speleologo deve proteggere dal freddo e, per quanto possibile, dall’umidità; deve essere il più possibile semplice e privo di parti sporgenti, per evitare di incastrarsi sulla roccia nei tratti di progressione in strettoia.
Normalmente si utilizzano sottotute calde e leggere di pile e tute di nylon, in un sol pezzo, con chiusura mediante cerniera lampo, bottoni a pressione e/o velcro. Il primo strato è costituito da una tuta in materiale termico sintetico tipo pile, fleece e simili (sottotuta), il secondo strato protettivo è costituito da una tuta in tessuto sintetico (di solito nylon + cordura), a volte parzialmente impermeabilizzato. Per grotte con acqua sono anche utilizzate tute completamente impermeabili, a tenuta stagna, in PVC.
Le calzature per speleologia devono garantire un buon compromesso tra impermeabilità e tenuta su roccia. La calzatura classica è lo stivale di gomma alto al ginocchio che però presenta notevoli problemi per la sicurezza in caso in grotta si sia costretti ad effettuare brevi nuotate in acqua profonda. Più comodo ed ormai di largo uso uno speciale scarponi simile a quello da escursionismo o alpinismo ma con speciali protezioni antiusura e impermeabili.
Per il trasporto di materiale si utilizzano appositi sacchi impermeabili di PVC, di varia dimensione, utilizzati per trasportare sia i materiali collettivi (corde, carburo, pronto soccorso, materiali per armo, altro materiale di riserva, etc.) che quelli personali (materiale per progressione, alimenti, strumenti di rilievo, etc.).
L’abbigliamento dello speleologo è completato da un sistema combinato costituito da un casco che oltre allo scopo protettivo funge anche da supporto per l’impianto di illuminazione.
Materiali per l’illuminazione:
L’ambiente sotterraneo è completamente privo di illuminazione naturale; è pertanto necessario che lo speleologo provveda in proprio all’illuminazione.
L’impianto di illuminazione è normalmente costituito da due elementi:
un impianto primario costituito da una lampada ad acetilene
un impianto secondario costituito da una lampada frontale elettrica a batteria
L’impianto ad acetilene deriva storicamente dall’adattamento delle lampade ad acetilene ad uso civile, del quale vengono separati i due componenti base: il gruppo ugello/riflettore viene montato sul casco in posizione frontale ed è collegato con un tubo di gomma al generatore di acetilene, che viene portato appeso all’imbragatura oppure a tracolla. Il generatore è costituito da due contenitori cilindrici sovrapposti, normalmente uniti da un unico involucro esterno o mediante connessione a vite. Il contenitore superiore contiene acqua mentre quello inferiore contiene carburo di calcio; un foro chiuso da un rubinetto regolabile collega il recipiente superiore a quello inferiore; un tubo metallico proveniente dal contenitore inferiore conduce l’acetilene generato dalla reazione acqua-carburo all’esterno della bombola e qui, a mezzo di un connettore metallico, un tubo di gomma porta il gas all’ugello posto sul casco dove viene acceso mediante un sistema piezoelettrico.
L’impianto elettrico è costituito da una lampada montata sul fronte del casco, normalmente al di sotto dell’impianto ad acetilene (a volte, in posizione laterale), alimentata da batterie poste sul retro dello stesso e collegate tramite un cavo elettrico a tenuta stagna. Un tempo si utilizzavano lampade ad incandescenza, a volte anche alogene. Oggi si vanno diffondendo sempre più le lampade a LED che, per le loro caratteristiche di intensa luminosità e basso consumo di batterie tendono a soppiantare l’illuminazione acetilenica.
Materiali per progressione :
La progressione orizzontale in ambiente sotterraneo non richiede di norma materiali particolari (sono solo necessarie specifiche tecniche per il passaggio di strettoie, meandri sospesi e simili strutture tipiche dell’ambiente e dell’attività).
Materiali e tecniche specifiche si rendono invece necessari quando si devono superare strutture verticali (pozzi), alle quali normalmente si accede inizialmente all’estremità superiore.
Le prime tecniche per il superamento dei pozzi prevedevano l’utilizzo di scalette flessibili, con assicurazione dall’alto mediante corda. Le prime scalette avevano i montanti in corda ed i pioli in legno, e vennero successivamente soppiantate da quelle con montanti in cavo d’acciaio e pioli in lega d’alluminio, che erano più resistenti e più leggere delle prime.
Dalla metà degli anni settanta questa tecnica ha lasciato spazio alla cosiddetta tecnica su sola corda, che utilizza appunto solo una corda come mezzo di progressione per la discesa e la risalita del pozzo.
Le corde utilizzate sono di tipo statico, quindi ad allungamento ridotto: infatti, essendo strumento di progressione e non di sicurezza devono privilegiare la resistenza a carichi statici, la limitata deformabilità e la comodità d’uso. Sono infatti molto improbabili sollecitazioni dinamiche nel loro utilizzo speleologico, al contrario che nell’alpinismo dove è richiesta la resistenza a strappi e carichi dinamici e una forte capacità di dissipare energia.
Nelle discese su corda per il superamento di pozzi questa viene normalmente fissata alla roccia mediante armo. Un armo è costituito da almeno due ancoraggi realizzati con tasselli (classicamente di tipo spit o fix muniti di placchette in acciaio o lega) per maggior sicurezza in caso di cedimento di un ancoraggio (o attacco). Gli ancoraggi costituenti un armo sono collegati tra loro mediante l’utilizzo di opportuni nodi realizzati sulla stessa corda di progressione, oppure mediante l’impiego di cordini indipendenti. Le gasse dei nodi della corda, o il cordino, sono uniti alle placchette sugli ancoraggi mediante moschettoni.
Lo speleologo indossa un’apposita imbragatura, derivata da quelle per alpinismo ma opportunamente modificata per meglio adattarsi al particolare utilizzo. All’imbragatura vengono agganciati i materiali per la progressione mediante un elemento di collegamento denominato maglia rapida o maillon rapide a forma di delta o semitondo in acciaio con diametro di mm 10:
un discensore (normalmente del tipo a pulegge fisse), con il quale calarsi lungo la corda, collegato all’imbragatura con un moschettone con ghiera a vite, completato da un secondo moschettone senza ghiera di “rinvio o rimando”
una coppia di bloccanti, che permettono la risalita lungo la corda.
La configurazione tipica prevede:
un bloccante ventrale fisso, collegato direttamente all’imbragatura tramite il maillon rapide
un bloccante mobile tipo “maniglia”, collegato all’imbragatura sempre tramite il maillon rapide a mezzo di una longe di corda dinamica (diametro minimo mm 9). Detta longe ha lunghezza variabile in funzione delle caratteristiche geometriche dello speleologo (in particolare in funzione della lunghezza del suo braccio)
una staffa o pedale di fettuccia o cordino in cui si possono infilare uno o entrambi i piedi ed attaccata alla maniglia mediante un moschettone. Quest’ultimo, obbligatoriamente munito di ghiera di sicurezza, assume anche la funzione di seconda longe
una longe, ovvero una corda od una fettuccia, di lunghezza adeguata (la lunghezza ideale del sistema longe + moschettone è di circa 41 cm), collegati da un lato direttamente all’imbragatura tramite il maillon rapide e dall’altro dotato di un moschettone senza ghiera e possibilmente a pera. La longe (elemento cui dare grande affidabilità e quindi frequentemente revisionata e sostituita) serve per assicurarsi sugli armi, sia nelle discese che nelle risalite, entrando o uscendo dal pozzo, nonché quando si passa un frazionamento (ovvero un attacco intermedio eseguito tra l’armo iniziale e la base del pozzo, tipicamente utile (o meglio necessario) per eliminare possibili sfregamenti della corda per contatto sulla roccia.
La tecnica di risalita è la seguente: rimanere appesi al bloccante ventrale, portare più in alto possibile la maniglia, spingere con i piedi sulla staffa per far risalire il ventrale, ripetere
L’equipaggiamento collettivo della squadra che affronta una discesa in grotta prevede: corde, moschettoni, maglie rapide, spit, fix, placchette, cordini e fettucce, sacchette d’armo, trapano. Le sacche d’armo, in dotazione ai soli speleologi più esperti che provvedono ad attrezzare le discese, devono contenere almeno: martello, piantaspit, cannuccia per pulizia fori, filettatore manuale
Nell’equipaggiamento collettivo per progressioni in ambienti ipogei speciali abbiamo: materiale da disostruzione, canotti gonfiabili, attrezzatura speleosubacquea.
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