La rana è una grotta dalla bocca larga. Avvicinandosi all’ingresso quando fa freddo o quando fa caldo puoi sentirla respirare. Non il rumore ma il vento sulla pelle ti fa capire che è viva più che mai.

Domenica eravamo in 11, accompagnavamo il gruppo dell’alpinismo giovanile del CAI di Vicenza a scoprire il lato buio della montagna. Per qualcuno era la prima volta per cui tutto era nuovo e misterioso.

I fantastici 11



E si sa che andando in grotta alcune paure o emozioni ancestrali le devi superare: il buio, il tempo, l’estraneità di un mondo che pare completamente diverso, ma estremamente familiare, sono solo alcuni degli stati d’animo che ti aspettano al varco.

La ricompensa, almeno per me, è lo stupore, la magia e la scienza che gli elementi naturali ti trasmettono fino a dentro, fino in fondo ai ricordi, quasi come si stava in pancia di mamma.

La distanza percorsa è relativa in grotta. Con i bimbi, benché alcuni fossero già cresciuti, si deve fare attenzione a tutto. Distrarsi è facile, sia per me che per loro per cui l’attenzione è massima. Il piede prova e riprova finché non sente sicuro il sasso che regge il passo; a volte non basta e allora la mano va in aiuto e si ricomincia a camminare a quattro zampe, come fossimo ancora bambini.

La vista aiutano ma non è il più importante dei sensi. Gli occhi controllano che alla fine non ci siano sorprese. E tutto va bene.

Restiamo dentro 5 ore, mangiamo, scherziamo e tutto fila via tra una risata e un pianto. E’ una liberazione e rivedere la luce un palpito.