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Risalendo a piedi le scogliere degli altipiani abbandonando il sentiero trovi in mezzo agli abeti un grande sprofondamento.

La sua grandezza e maestosità incute timore e paura ma anche curiosità e così come difronte ad una parete inviolata tracci idealmente una via e muovi un passo dietro l’altro e raggiungi il fondo che altro non è che la tua cima, il limite che in quel preciso momento ti sei dato perchè più in là non sei voluto andare.
Le voci e i suoni delle montagne ti attraggono, e così liberi la mente dalle paure e procedi oltre, ascolti l’acqua che scende dalle pareti, che accarezza le forme, le conche e si insinua cantando nei crepacci.
Se ti viene voglia di ascoltarla e di seguirla scopri che il suo scorrere millenario ha aperto la strada per nuove e interessanti esplorazioni.
Un meandro alto e maestoso, una crepa sul pavimento e sotto più in giù un rotolare di un sasso che ti fa sperare in esplorazioni infinite.
Le montagne ci stupiscono e ci lasciano ammutoliti con la loro semplicità dura e spigolosa ma nel tempo abbiamo imparato a leggere i percorsi più belli per raggiungerne la cima.
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Amo le montagne di qualsiasi dimensione, amo esplorarle, seguire le indicazioni di un camoscio o di un gallo cedrone e fingere che proprio loro mi abbiano indicato una nuova grotta da esplorare, amo i percorsi lunghi, i mughi che non ti lasciano passare, lo stupore dei tuoi amici per ogni nuova via esplorata, per ogni nuovo meandro che si apre alla vista e desidero infine sedermi, aspettare il soffio del vento che precede il tramonto o l’alba e liberare la mente
Claudio
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