Pelliccia ultimamente insiste per tornare al Blade, vorrebbe terminare di rilevare la grotta per poi, a malincuore, disarmare.  E’ stanco di questa grotta fredda e bagnata che non vuole svelare il passaggio per scendere nelle sue profondità.

Così sabato 22 agosto ci troviamo a Gallio io (Ade), Miguel, Pelliccia, Bot, Marcello e Laura-detta-Silvia del GSM.

Miguel chiede a Pelliccia qual è  la missione di oggi ma pare non ci sia proprio una vera missione:  rilevare non si può perché Bot ha avuto un piccolo problema con il suo Disto X, di conseguenza  anche il disarmo viene rimandato.  Decidiamo pertanto di andare a vedere la zona nuova, alla fine del meandro alto, dove l’anno scorso sono state fatte due risalite da Albertino, Giosuè ed Elena,  risalite che purtroppo non portano da nessuna parte in quanto sembrano chiudere inesorabilmente.

Quindi ce la prendiamo comoda e partiamo un po’ in festa,  per tanti è la prima volta al Blade, l’uscita si presenta un pò come una gita al fresco. Magari, se usciamo presto, andiamo a funghi,  penso.

Arriviamo in loco verso le 11, ci cambiamo e finalmente entriamo.

Pelliccia da buon padrone di casa ci presenta il Blade Runner:  “un ricovero militare che intercetta un meandro (denominato poi “Basso” nel rilievo), il quale ne intercetta un altro poco più avanti (denominato “Alto”) che di tanto in tanto si allarga, curva e si approfondisce e che al momento conclude in 2 salette.  Di fatto tutta la progressione la si fa in sub-orizzontale sul meandro, di pozzi nemmeno l’ombra…”

La grotta si dimostra fin da subito fredda e umida, quindi con passo veloce raggiungiamo la Saletta del Thè. Finchè  aspettiamo gli altri Miguel si infila in un pertugio e mi chiama: “Ade,  ho trovato un buco, vieni a sentire quanta aria tira!  Già che ci sei, portami anche la mazzetta e scalpello!” Torno indietro a prendere gli attrezzi che avevo visto abbandonati poco prima, accanto ad una finestra (la famosa finestra che porta alla zona nuova terminale)  e quando ritorno vedo solo  le gambe di Miguel che spuntano dalla parete.  In poco tempo, a suon di colpi, allarga la fessura  e mi fa spazio  affinché possa  affacciarmi pure io. E niente, sentire l’aria fredda in faccia è sempre una grande emozione.  L’aria è tanta e quando si smuovono i sassi, il fango secco si alza e ti arriva giusto negli occhi… che grande sensazione.

Dopo un po’ decidiamo di abbandonare lo scavo manuale e prendiamo nota di tornare con qualcosa di più adeguato per togliere i sassi ingombranti e passare al di là.

Neanche il tempo di mangiare che Pelliccia e Marcello si incamminano verso la finestra, dove si apre la famosa zona nuova. Io, Miguel e Laura vogliamo seguirli, Bot è un po’ titubante, non sa se venire, ha sentito raccontare cose nefaste dopo la famosa finestra. Si narra di una strettoia verticale in cui si è quasi incastrato anche il famoso speleo Gianki, battezzata successivamente “Strettoia di Dio”. Alla fine lo convinciamo e viene anche lui.

Effettivamente la  strettoia è abbastanza anatomica ma in discesa la forza di gravità aiuta tanto, quindi senza grossi problemi scendiamo tranquillamente tutti.

Arriviamo in una saletta  di crollo, quasi circolare che porta in un’altra saletta dove si vede la corda della risalita di Albertino e Giosuè. Pelliccia è incuriosito e comincia a salire in corda, qualcuno è in fila in attesa di sentire LIBERA, altri si guardano attorno nella speranza di trovare qualcosa di interessante.

Ad un certo punto sento  la voce di Bot che arriva dalla saletta precedente: “C’è qualcuno che vuole infilarsi in un buco?” Non me lo faccio ripetere due volte e in men che non si dica gli sono affianco a spostare sassi per passare nel buco che sembra  aprire un passaggio sotto una frana, una fessura  che lascia intravvedere un ambiente molto più grande al di là. Con un paio di scarpate ben assestate, sfondiamo il passaggio e  riusciamo a passare.

Entriamo in una saletta alta circa 3 / 4 mt, la parete da dove siamo entrati si presenta tutta concrezionata ed è la prima che si vede al Blade. Le altre pareti sono  rivestite da ghiaia e sassi,  dal soffitto escono dei massi grandi come lavatrici che  stanno appesi “con l’opera dello spirito santo”

Do 4 pacche nelle spalle di Bot e gli dico: “Grande Bot che hai fatto il colpaccio! Pensa che non volevi nemmeno scendere!” Mi guarda sorridendo e proseguiamo l’esplorazione.

Cautamente ispezioniamo l’ambiente, attenti a dove appoggiamo mani e piedi. La stanza è grande, ha delle zone in ombra ma non vediamo ulteriori meandri che proseguono la via.

Mi accorgo che esce aria da un buco sotto i nostri piedi. Il pavimento è una frana formata da pezzi di agglomerati di fango-sassi-concrezioni.  Cominciamo subito a scavare, ci raggiunge  anche Laura-detta-Silvia e in tre riusciamo ad aprire un varco che ci permette di vedere che sotto di noi c’è nero e, soprattutto, aria! Siamo sulla strada giusta! Lanciamo un sasso e contiamo fino 3 con ulteriori suoni di rotolamento. Siamo presi dall’entusiasmo e ricominciamo a scavare.

Dopo un po’ ci raggiungono anche gli altri, scaviamo senza attrezzi, e ci diamo il cambio spesso perché i  nostri guanti non sono molto integri, qualcuno è uscito con i polpastrelli lacerati.

Intanto Marcello sposta sassi da un’altra parte, vediamo che dalla sua parte è più facile lo scavo, ma è anche  più rischioso in quanto sotto ai piedi balla tutto.

Rispostiamo lo scavo nuovamente, questa volta più vicino al buco d’entrata.

Li ci sono sassi più grossi, e assisto allo scavo più divertente della mia vita: Miguel lega i nostri pedali ai massi da spostare, li aggancia con il moschettone del suo porta sacco e li solleva a colpi di reni. Applausi!!

Il buco comincia ad allargarsi, e capiamo che il pavimento è  un unico tappo detritico.

L’ambiente sotto di noi si intravvede e ci chiama, ma non abbiamo abbastanza mezzi per continuare lo scavo, comincia a farsi tardi, inoltre il capo cantiere dice che bisogna fare qualche azione per mettere in sicurezza il nuovo scavo.

Salutiamo la stanza delle lavatrici volanti, e tutti contenti ci incamminiamo verso l’uscita.

Anche la strettoia in salita non fa più paura,  passiamo tutti senza nessun imprevisto.

Pelliccia se la deve mettere via: il Blade non si tocca, non si disarma.

Aveva ragione Gianki a scrivere, in un resoconto sul Blade: …non demordete ma siate inesorabili e intensi nel vostro insistere perché del Blade si parlerà molto in futuro”.

Chissà.

 

Ade