Riporto qui di seguito queste riflessioni che ho trovato su speleoit, so che l’autore ci legge e quindi se non lo desidera posso togliere l’articolo, ma lo trovo interessante molto interessante.
Grazie a Adrea in anticipo

C’è una cosa che non diciamo: Non siamo capaci a lasciar perdere il nostro piccolo orticello.
Dobbiamo guardare oltre, dobbiamo sentirci parte del movimento speleologico nazionale e internazionale, dobbiamo sentirci speleologi: Se il giornalino del quartiere ci contatta per parlare di grotte dovremmo parlare delle grotte del loro quartiere e dire pure che la speleologia non finisce con il nostro gruppo, bisogna raccontare cosa sono gli speleologi.
Se ci contatta la rivista focus o un quotidiano nazionale dobbiamo sentirci Speleologi e parlare della speleologia italiana e mondiale, non di quello che ha fatto il mio ristretto gruppo del mio quartiere. Noi esploriamo piaggiabella, noi esploriamo il carso, noi esploriamo la krubera, noi esploriamo Naica, noi abbiamo la biblioteca speleologica più grande del mondo, noi abbiamo il wish, noi abbiamo il powerpoint, noi collaboriamo con gli archeologi nelle cavità artificiali. Noi siamo speleologi. Ci vuole poco a fare divulgazione se ci rendiamo conto che la speleologia è diventata globale, ma se continuiamo a considere la speleologia l’attività ristretta del nostro gruppo/associazione/fazione, non faremo niente di buono per la divulgazione della speleologia. Questo manca su Focus: o non ci entrava per ragioni di spazio e gli articoli sono stati tagliati, oppure non glielo abbiamo detto. E se non glielo abbiamo detto o se non c’entrava, preoccupiamoci di raccontarglielo per i prossimi numeri/monografie, visto che c’è un canale aperto di contatto.

Anni fa in occasione di un incidente in grotta mi contattò un giornalista di una radio a diffusione nazionale che mi aveva trovato su internet e mi chiese se ero disponibile per una intervista per raccontare della speleologia in generale e della nostra attività. Quella volta telefonai a Mila Bottegal, che era una delle poche persone di SSI che conoscevo, e chiesi a lei i dati e le chiesi se l’intervista voleva farla lei, che sicuramente conosceva la Speleologia molto meglio di me. Mila mi disse “vai tranquillo falla tu che va benissimo”. E parlai degli speleologi, non dell’UTEC NARNI o delle grotte umbre.

Cresceremo, perchè stiamo diventando globali e le esplorazioni che hanno più successo lo dimostrano: Speleologi provenienti da più gruppi sanno fare molto meglio degli altri. Informiamoci e guardiamoci intorno, leviamoci sigle territoriali e di fazione, sono le ultime strettoie da passare.

Andrea Scatolini